Testo completo
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Antonio Labella
(1872 - 1944)
Antonio Labella, ancora vivente, venne definito "poeta della Lucania".
A Napoli conseguì la licenza liceale con altissimi voti che gli meritarono un viaggio gratuito nelle principali città italiane. Esigenze di famiglia gli imposero di seguire gli studi giuridici per poter curare anche gli interessi patrimoniali della sua casa.
La passione per gli studi classici e le letterature straniere sollecitarono il giovane studente a seguire presso l’Università di Napoli anche i corsi letterari del D’Ovidio e del Torraca.
Successivamente mentre svolgeva la professione di avvocato, ebbe modo di intraprendere frequenti viaggi in Italia.
A Milano Antonio Labella si intratteneva volentieri e spesso presso il cenacolo di Silvio Spaventa Filippi, suo amico fraterno: qui potè intessere rapporti amichevoli con letterati come Palazzi e Provenzale.
Oltre a interessi letterari seguì sempre con costante attenzione e da protagonista i problemi economici e sociali della sua Lucania, e trovò in essi motivi ispiratori per la sua interessante produzione poetica.
D’estate, nella bella piazza del paese sottostante la sua abitazione, Antonio Labella amava declamare i suoi versi pubblicamente; favorito anche dalla brillante arte oratoria, destava sempre ammirazione e consenso nei presenti.
Negli ultimi ultimi giorni della sua vita, una paralisi gli impedì definitivamente l’uso della parola:
"Il Cigno di Avigliano, il poeta della Lucania, l’artista della parola, non poteva più articolare verbo".
La sua produzione poetica (comprensiva anche di poesie in vernacolo aviglianese ed altre di interesse locale) è rimasta quasi del tutto inedita. Restano le liriche amorose raccolte nel volume "Echi dell’anima.Rime e Ritmi 1892-1942", stampato postumi dalla famiglia nel 1951.